martedì 23 novembre 2010

23 Novembre 1980, per non dimenticare


Il 23 Novembre 1980, alle ore 19:34, si verificò ciò che viene definito il terremoto dell'Irpinia, un sisma di magnitudo 6,5 della scala Richter che durò circa 90 secondi e colpì la Campania centrale e la Basilicata. Ebbe come epicentro i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza, e Conza della Campania, causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e 2.914 morti.

Una tragedia immane, che fu subito evidente agli occhi dei soccorritori che partirono nella notte alla volta dei paesini sconosciuti dell'Irpinia. Solo a Roma non capirono.
Il titolo del Mattino "FATE PRESTO" era un urlo dalle macerie che rituonò nelle case del mondo intero.
I soccorritori diventarono circa 8000 e veramente provenivano da tutte le zone d'Italia.
Li chiamarono: Angeli del terremoto.
Inoltre, molti Paesi stranieri, si mobilitarono ad inviare fondi consistenti per aiutare l'Irpinia.

Le istituzioni tardarono parecchio per darsi fare negli aiuti e possiamo racchiudere ciò in una frase di Sandro Pertini, al ritorno da un viaggio dall'Irpinia: "Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi ."

Il dopo sisma fu molto deludente per come fu affrontato dalle istituzioni e anche in questo caso possiamo racchiudere il tutto in una frase, stavolta di Indro Montanelli, che disse: "L'uso di 50-60mila miliardi stanziati per l'Irpinia rimase un porto nelle nebbie."


I giovani dell'UdS Cervinara vogliono rendere omaggio alle vittime di quella tragedia e vogliono far conoscere appunto ai giovani odierni un evento che non scomparirà mai più dall'animo e dai pensieri dell'Irpinia intera.

sabato 6 novembre 2010

Contratto precario? Hai 60 giorni per far valere i tuoi diritti

La settimana scorsa in via definitiva alla Camera dei deputati è stato votato il “collegato lavoro”. Una norma contenuta in questa legge è fondamentale per la vita di centinaia di migliaia di lavoratori precari. Fino all’entrata in vigore del “collegato lavoro” era possibile impugnare in giudizio i contratti di lavoro precario di qualunque tipo (a termine, a progetto, interinale) che presentassero illegittimità formali e sostanziali e chiederne, in qualunque momento (anche dopo la decadenza del contratto), la trasformazione in contratti di lavoro a tempo indeterminato. Oggi, invece, con l’approvazione del “collegato lavoro”, il lavoratore che volesse impugnare in giudizio il suo contratto può farlo soltanto entro 60 giorni dalla sua scadenza. La cosa ancora peggiore è che tale norma vale retroattivamente per tutti i contratti precari illegittimi e irregolari, poiché impone a tutti di ricorrere entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge. Passato questo termine, tutti i contratti precari illegittimi non potranno più essere impugnati e le centinaia di migliaia di lavoratori che avevano diritto, secondo la legge, di vedere trasformato il proprio vecchio contratto precario illegittimo in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato rimarranno esclusi.
Sappiamo bene, chiunque abbia avuto un contratto precario, la speranza di essere richiamati (e dunque la necessità di non guastare il rapporto di lavoro con il proprio datore) sconsiglia di ricorrere alle vie legali, anche in caso di palesi (e diffusissime) irregolarità e illegittimità.
Questo esecutivo, ancora una volta, nasconde la norma che potenzialmente potrebbe cambiare la vita di un’intera generazione, in una legge di cui nessuno parla. Come organizzazione nazionale stiamo, costruiremo una campagna nazionale, con lo scopo che diventi oggetto della discussione pubblica del Paese e una rete di supporto legale.
Nei prossimi due mesi, due sono le cose che faremo:
raccogliere tutte le richieste d’impugnazione delle centinaia di uomini, donne, ragazze, ragazzi che hanno alle spalle un’esperienza di lavoro precario;
metteremo a disposizione la competenza dei nostri avvocati per compilarle tecnicamente (circa il 90% dei contratti precari è illegittimo).

martedì 2 novembre 2010

Un 4 novembre antimilitarista - FESTEGGIAMO LA PACE NON LA GUERRA


Riportiamo la nota del PRC/Gc di Cervinara:

"Pochi anni fa le piazze si riempivano per dire NO alle guerre di aggressione e ai suoi sponsor, inchiodando alle proprie responsabilità governi di diversa posizione politica. A vedere l’Italia di oggi sembra siano passati anni luce da quelle grandi mobilitazioni. Una rimozione collettiva di tale portata troverebbe giustificazione in un’effettiva diminuzione dei pericoli di conflitto nel mondo, quantomeno nell’area geografica prossima al nostro paese. Potrebbe essere giustificata da una diminuzione dei processi di militarizzazione dei territori e della vita sociale e culturale interna.
La società, invece, nel suo complesso sta subendo un processo di militarizzazione che arriva, con il protocollo La Russa – Gelmini per i corsi paramilitari nelle scuole, a investire direttamente la formazione delle future generazioni. Crescono le basi di Camp Darby e s’ipotizza di costruire il più grande Hub militare d’Italia nel limitrofo aeroporto di Pisa, continuano i lavori di potenziamento di Sigonella e delle basi radar a Niscemi, si potenzia la produzione dei F35 a Cameri (Novara). Territori che cambiano di segno, divenendo nei fatti grandi aree a stretta sorveglianza militare.
È urgente che tutte le realtà sociali, culturali, sindacali e politiche devono muoversi e sostenere il NO ALLA GUERRA, ALLE SPESE MILITARI, ALLA MILITARIZZAZIONE DELLA SOCIETA’ E DELLA CULTURA.
Il 4 novembre 1918, l’Italia uscì “vittoriosa” dalla Prima Guerra Mondiale, ogni anno è celebrata in tutte le città d’Italia come la Giornata delle Forze Armate.
Come organizzazione giovanile, chiediamo come si possa festeggiare e celebrare ancora la vittoria di una guerra. Per noi quella è solo una giornata di lutto profondo che ci deve far riflettere sulla brutalità delle guerre: circa 650.000 gli italiani che morirono e milioni i feriti e i mutilati. Migliaia e migliaia di proletari, giovani e padri di famiglia mandati al macello, costretti a diventare eroi in una guerra che non accettavano; mentre chi osava disertare era torturato e fucilato. Una guerra svolta solamente per gli interessi e gli affari del capitalismo, dei grandi industriali e per i “capricci” dei re e dei vari politici corrotti. Una guerra che spianò la strada al fascismo e al nazismo.
Oggi il ricordo di questo massacro è bipartisan, centro-destra e centro-“sinistra” si uniscono nella retorica militarista e della guerra giusta ricordando quegli avvenimenti, riabilitandoli, per meglio giustificare le guerre imperialiste che da guerrafondai quali sono, sostengono, votano e rifinanziata in parlamento.
L’occupazione militare e la guerra imperialista in Afghanistan e in Medio Oriente ricordano la Grande Guerra, a cominciare dall’essere mossa essenzialmente per motivi economici."