giovedì 17 giugno 2010

Pomigliano, nessun passo indietro o si muore

Cosa sta accadendo ultimamente allo stabilimento "Gianbattista Vico" di Pomigliano d'Arco? La fiat da alcuni mesi ha imposto un piano produttivo di "rilancio" dell'azienda, e le sigle sindacali si sono divise tra chi vuole mantenere occupazione a costo di sacrifici e chi, pur rispettando le esigenze economiche del mercato, non intende svendere i diritti dei lavoratori. Così l'11 Giugno scorso i sindacati di Ugl, Cisl, Uil hanno sottoscritto l'accordo e la sola Fiom ha detto No a determinate condizioni. Condizioni che prevedono l'articolazione dell'orario di lavoro di 18 turni per 6 giorni per 8 ore, lo spostamento della pausa mensa di mezz'ora a fine turno (che aumenta i rischi di incidenti sul lavoro), l'utilizzo della pausa mensa per fare straordinario obbligatorio se l'azienda lo richiede (senza nessun accordo sindacale), la riduzione delle pause sulle linee meccanizzate da 40 a 30 minuti,l'abolizione dell'indennità per disagi e i premi per gli assunti dal 2011, infine (la cosa più grave) sanzioni per il mancato rispetto dell'Accordo aziendale, in altre parole i lavoratori saranno sanzionati per qualsiasi iniziativa (dalla protesta o dallo sciopero) se l'Azienda lo decide. Per questo l'Unione degli Studenti di Pomigliano d'Arco, da sempre impegnata per il rispetto dei diritti degli studenti in primis, condanna fortemente questa visione dell'economia, della democrazia e del rispetto dei diritti nei luoghi di lavoro.
Un sistema economico capitalista e neo-liberista che utilizza il lavoratore come merce e non come soggetto da tutelare, che è disposta a mettere in ginocchio i lavoratori che vengono ricattati e minacciati di trasferire lo stabilimento altrove se non accettano, che è disposta a sputare sui diritti costituzionali quali lo sciopero, il diritto ad una pausa minima garantita, il diritto alla prevenzione sul lavoro, per il puro profitto. E' paradossale pensare che gli effetti di questa crisi devastante debbano ricadere sui lavoratori e non su chi quella crisi l'ha creata. Lo Stato non ha saputo affrontare questa crisi: avrebbe potuto obbligare le aziende a rimanere in Italia con finanziamenti o con la loro semi-statalizzazione (come fatto da Francia e America). Invece non solo NON le ha obbligate a restare in Italia ma è addirittura "soddisfatto" se gli operai oggi vengono messi sotto ricatto e sono costretti a lavorare nelle stesse condizioni degli operai cinesi, per essere "competitivi".
Ora attendiamo gli esiti del referendum aziendale del 22 Giugno con la speranza che il piano possa essere respinto dalle lavoratrici e dai lavoratori ed essere rimesso totalmente in discussione.

Fonte: Unione degli Studenti Pomigliano

Nessun commento:

Posta un commento